sabato 5 maggio 2012

IL TAR HA RESPINTO IL RICORSO DELL'HOTEL CAPO EST


il TAR RESPINGE IL RICORSO PRESENTATO DALL'HOTEL CAPO-EST CONTRO IL PROVVEDIMENTO DI CHIUSURA DI UN MESE CHE ERA STATO DECISO DAL PREFETTO DI VENEZIA IN SEGUITO ALLE VICENDE
DELLO SCORSO CAPODANNO



N. 00590/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00506/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 506 del 2012, proposto da:
Giuliano Boscolo Meneguolo, rappresentato e difeso dagli avv. Fiorenza Scagliotti, Giuseppe Farina e Sergio Dal Pra', con domicilio presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell'art. 25, comma 1, cod. proc. amm..
contro
l’Amministrazione dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Venezia, San Marco, 63;
per l'annullamento
del provvedimento del Questore della provincia di Venezia Cat. 23/Amm./12 del 29.3.2012, notificato in pari data al titolare Giuliano “Meneguolo” Boscolo, con in quale è stata sospesa la licenza n. 373/1985 per l’attività di albergo, ristorante e bar, nei locali siti in Chioggia, via Colombo, n. 170, all’insegna “Hotel Capo Est”

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2012 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Il ricorrente gestisce da molti anni un albergo, con ristorante e bar, con l’insegna “Hotel Capo Est” a Chioggia, ed impugna il provvedimento del 29 marzo 2012 con il quale il Questore della provincia di Venezia ha disposto, ai sensi dell’art. 100 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, la sospensione per la durata di trenta giorni dell’attività, in relazione a dei gravi episodi accaduti nella notte di San Silvestro.
Tale provvedimento è impugnato, con richiesta di risarcimento danni, per le seguenti censure:
I) violazione dell’art. 100 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, perché mancano i requisiti di abitualità della situazione di pericolo richiesti dalla norma invocata, e il tempo decorso dagli episodi rivela il perseguimento di un intento punitivo estraneo alla norma;
II) violazione, sotto altro profilo, dell’art. 100 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e della legge 25 agosto 1991, n. 287, perché viene applicata una sospensione della durata superiore a quindici giorni in assenza dei presupposti richiesti da quest’ultima norma, e non vi è stata alcuna considerazione del danno cagionato dall’immediato allontanamento dei clienti della struttura a seguito dell’esecuzione del provvedimento impugnato.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione concludendo per la reiezione del ricorso.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Nel caso all’esame il provvedimento impugnato indica in modo esaustivo gli elementi posti a fondamento della sospensione dell’attività.
Sul punto precisa che la notte di San Silvestro, a seguito di una segnalazione, una pattuglia della Polizia di Stato si è recata presso l’albergo trovando un numeroso afflusso di giovani (inizialmente 53, in seguito 113), dei quali molti minorenni (inizialmente 32, in seguito 74), non regolarmente registrati, distribuiti nelle camere comprese tra il secondo ed il quinto piano senza la possibilità di utilizzo di uno spazio comune, alcuni trovati in possesso di sostanze stupefacenti, in condizioni di una generalizzata sporcizia (causata da residui di cibo, mozziconi di sigaretta, bottiglie e lattine vuote abbandonati lungo il calpestio), in una struttura carente rispetto alla normativa antincendi (per la mancanza di estintori, dell’indicazione delle vie d’esodo, per l’instabilità di una porta antincendio, e per il distacco del pulsante di emergenza incendio), e che attorno alle ore 1,15 è stata colpita un’autovettura della Polizia di Stato con un potente petardo che l’ha notevolmente danneggiata al parabrezza ed al cofano.
Il provvedimento impugnato prosegue precisando che l’Amministrazione ha acquisito le memorie ed osservazioni dell’interessato, il quale, a fronte della contestazione della mancata previa acquisizione del consenso dei genitori dei minori, ha successivamente esibito alcune dichiarazioni con le quali alcuni dei genitori hanno prestato il proprio consenso alla presenza dei figli nella struttura.
Tuttavia ad un successivo controllo, per stessa ammissione dei sottoscrittori, le predette dichiarazioni si sono rivelate rese in cambio di una somma di denaro (corrispondente alla restituzione della somma di venti euro corrisposta a titolo di anticipo per la partecipazione alla serata).
Alla luce di tali elementi, puntualmente evidenziati nella motivazione, deve essere respinta la censura di cui al primo motivo, con cui il ricorrente lamenta la mancanza dei requisiti di abitualità della situazione di pericolo richiesti dalla norma invocata.
La giurisprudenza ha chiarito che, ai sensi dell'art. 100 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, la misura della sospensione della licenza di un esercizio, risponde alla ratio di produrre un effetto dissuasivo rispetto alla frequentazione di un luogo di aggregazione, e nel caso all’esame, come correttamente dedotto dalla difesa erariale, non è vero che al ricorrente sia stato contestato un singolo ed isolato episodio, in quanto gli sono stati contestati numerosi episodi avvenuti nel medesimo contesto, che hanno creato gravi disordini ed una condizione di pericolo per l’ordine pubblico, la moralità e il buon costume, come richiesto dalla norma citata.




Quanto alla dedotta tardività, di circa novanta giorni dalla commissione dei fatti, con cui è stato adottato il provvedimento impugnato, che secondo il ricorrente rivelerebbe un intento punitivo, va osservato che in realtà, come afferma la difesa erariale, il tempo decorso è stato riservato ad acquisire in modo completo l’apporto procedimentale dell’interessato: il procedimento è stato avviato il 12 gennaio 2012, il 24 gennaio ed il 13 febbraio sono state acquisite le memorie difensive dell’interessato, il periodo successivo è stato utilizzato per svolgere delle verifiche, dalle quali è emerso che il ricorrente ha assunto le dichiarazioni dei genitori di alcuni minori al fine di attenuare la responsabilità della propria condotta.
L’ultima censura, con la quale il ricorrente lamenta la mancata considerazione dei danni cagionati dall’immediato allontanamento dei clienti dalla struttura, risulta invece priva di riscontri, in quanto dalla nota aggiunta in calce dal provvedimento impugnato, emerge che è stata inibita la possibilità di ricevere ulteriori prenotazioni, senza però impedire il completamento del soggiorno per i clienti già presenti.
In definitiva pertanto il ricorso, e la richiesta di risarcimento danni, per la quale non ricorre il requisito dell’ingiustizia, deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Amministrazione, liquidandole in complessivi € 3.000,00 per spese, diritti ed onorari.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Riccardo Savoia, Consigliere
Stefano Mielli, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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